La transizione verde europea e l’agricoltura trentina: condivisione sulla strategia, preoccupazione per le azioni concrete
Oggi pomeriggio nella sede della Cooperazione Trentina a Trento si è parlato di Europa e transizione green con la partecipazione del parlamentare europeo Herbert Dorfmann e del direttore degli Affari Europei di Confcooperative Leonardo Pofferi, moderatore Samuel Cornella, funzionario della Federazione a Bruxelles.
Una transizione costosa, doverosa ma molto impattante sull’agricoltura locale. Serve maggiore dialogo.
L’agricoltura trentina alla prova del “green deal” dell’Unione Europea, la tabella di marcia avviata a cavallo tra il 2019 e 2020 per raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050.
Se ne è parlato oggi in un incontro (molto partecipato) nella sede della Federazione a Trento con il parlamentare europeo Herbert Dorfmann, componente della Commissione agricoltura, e Leonardo Pofferi, direttore Affari Europei di Confcooperative e vicepresidente Cogeca. Moderatore Samuel Cornella, funzionario della Federazione a Bruxelles.
“È un'occasione importante – ha detto in apertura il presidente della Cooperazione Trentina Roberto Simoni - perché siamo nel mezzo di una transizione ambientale che riguarda anche il Trentino. Serve conoscenza e formazione per fare i conti con una realtà che si modifica continuamente e a cui dobbiamo adattarci”.
Il vicepresidente della Federazione Michele Odorizzi ha portato le preoccupazioni del mondo agricolo verso decisioni che potrebbero danneggiare l’agricoltura locale, e l’assessora provinciale all’agricoltura Giulia Zanotelli ha affermato che “dovremo vigilare su scelte della UE che stanno mettendo in difficoltà il comparto provinciale. Questi temi saranno al centro della politica trentina per i prossimi mesi e anni”.
Ma quali sono le criticità che preoccupano gli agricoltori trentini? Uno dei primi passaggi del “Green deal” (24 giugno 2021) è stata la legge europea sul clima, che rende giuridicamente vincolante l'obiettivo di ridurre le emissioni del 55% (efficienza energetica edifici, riduzione emissioni veicoli).
La strategia Farm to Fork (dalla fattoria al piatto) è invece il piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell'ambiente.
Un insieme di regolamenti e norme europee che provano a coniugare i classici obiettivi della PAC (politica agricola comune) - garantire reddito ai produttori e sicurezza alimentare - con quelli più strettamente ambientali e di sostenibilità.
Nel concreto, ciò significa ridurre del 50% dell'uso di pesticidi chimici entro il 2030; ridurre di almeno il 20% l'uso di fertilizzanti entro il 2030; ridurre del 50% le vendite di antimicrobici antibiotici per allevamento e acquacoltura entro il 2030; trasformare il 25% dei terreni agricoli in aree destinate all'agricoltura biologica entro il 2030.
“Questi sono obiettivi strategici largamente condivisi anche dal mondo agricolo – ha introdotto il moderatore Samuel Cornella – il problema semmai è quando si passa dalla strategia alla tattica attraverso l'implementazione di azioni concrete funzionali all'obiettivo strategico. Ci si scontra con una grande complessità con cui bisogna misurarsi”.
Il “Green deal” impatta profondamente sul mondo agricolo e produttivo e quella appena trascorsa è stata una fase molto intensa nel dialogo tra istituzioni in merito ai principali dossier legislativi.
In periodo recente, l’11 luglio scorso il Parlamento europeo ha votato la Direttiva sulle emissioni industriali, con correttivi rispetto alla proposta della Commissione che rischiava di pregiudicare in modo indebito il mondo della zootecnia.
La legge sul Ripristino della natura votata nella plenaria del 12 luglio dopo passaggi a dir poco travagliati combatte la perdita di biodiversità, si propone di arginare il cambiamento climatico con l’elaborazione di piani nazionali con l’obiettivo di ripristinare almeno il 20% delle aree naturali UE entro il 2030
Il Regolamento sui Fitofarmaci (trasformato dalla precedente direttiva) è stato posticipato ad ottobre. Esso prevede la riduzione dell’uso dei fitofarmaci del 50% entro il 2023 (obiettivo considerato poco realistico), la promozione dell’agricoltura di precisione, il divieto di fitofarmaci in aree sensibili. E poi la normativa sugli imballaggi, con l’obbligo di sticker compostabile da apporre sul prodotto.
“In questa legislatura abbiamo constatato una maggiore chiusura da parte della Commissione europea di entrare nel merito delle proposte e a confrontarsi – afferma Leonardo Pofferi -. Ogni qualvolta abbiamo avanzato obiezioni e perplessità, abbiamo trovato solo chiusura. Questo purtroppo ha causato una polarizzazione delle posizioni che oggi effettivamente nuoce all’agricoltura. L’auspicio è quello di recuperare uno spazio di dialogo concreto.
Poi c’è il tema delle risorse finanziarie. È chiaro che un approccio forte di cambiamento deve essere accompagnato da risorse adeguate. Oggi si continua a fare riferimento a quelle disponibili nella Politica agricola comune che già sappiamo aver subìto una cura dimagrante in occasione della riforma della PAC, mentre invece di fronte a misure di natura straordinaria servirebbe una risposta straordinaria in termini di risorse economiche”.
“Chiaramente la transizione energetica ha dei costi – ha detto l’on. Herbert Dorfmann – ma anche non far niente ha un costo. Comunque il cambiamento climatico c'è, e porta dei costi purtroppo anche molto alti. Però l’Unione europea prevede anche finanziamenti per circa 60 miliardi di euro l'anno per la politica agricola, dobbiamo riflettere su come utilizzare questi fondi anche per la transizione ecologica. Già un terzo della PAC viene utilizzato a questo fine, forse si può investire ancora di più.
Dobbiamo pensare alle nuove generazioni, e sprecare di meno. Buttiamo via il 25% delle risorse alimentari prodotte, pari ad un bilancio della Ue, e questo è inaccettabile”.