07 aprile 2022
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Riparto da cooperatore

Le sfide non spaventano Paolo Holneider, che a 43 anni da imprenditore artigiano ha deciso di diventare socio lavoratore e presidente della cooperativa sociale Relè

Chi ha la vita facile a volte si perde in un bicchier d'acqua. A me non succede. Mi sono dovuto abituare in fretta alle sfide: a 8 anni sono rimasto orfano di madre e ho trascorso 5 anni al Villaggio Sos. Mi sono trovato bene e mi sono affezionato alla famiglia che mi ha accolto.

La mia infanzia è stata un po’ faticosa e ho mollato la scuola presto: a 16 anni ho incominciato a lavorare e mi sono iscritto alle serali. Mi hanno assunto come apprendista dalle belle speranze a TCA, dove ho imparato i primi rudimenti del lavoro di operatore e montatore televisivo. Sono così riuscito ad andare a vivere da solo e a costruirmi una vita autonoma. Ma avevo il sogno di creare una ditta tutta mia. A 21 anni ho così aperto la mia piccola impresa artigiana. Avevo 5 milioni di lire ma me ne servivano 90 per acquistare tutte le attrezzature. Mi ricordo ancora l’espressione del volto del responsabile della filiale della Cassa Rurale di Villazzano (di cui poi sono diventato socio e in seguito anche fornitore) quando mi sono presentato con il mio progetto e la mia richiesta di credito. I tassi erano al 14% ma c’era grande entusiasmo e per fortuna mio zio Luigi mi ha preso sottobraccio e ha messo la sua firma a garanzia. Così sono riuscito a partire: ho adibito una stanza del mio appartamento a studio di montaggio e ho avviato la mia grande avventura, con in tasca tante speranze.

A 24 anni mi sono sposato con Laura, una ragazza di Rovereto e a 25 anni sono diventato papà di Federico. Poi sono arrivati Lorenzo, Alessandro e Andrea. Le sfide e le gioie di una famiglia con 4 bambini si sono almeno quadruplicate!

Durante i primi anni del mio matrimonio ho cominciato ad avvicinarmi alla cooperazione: ho conosciuto Luciano Imperadori, Egidio Formilan, Flavio Beozzo, Maurizio Bassetti e Arianna Giuliani, che si occupavano di educazione e cultura cooperativa all’interno della Federazione. Loro hanno creduto in me e mi hanno assegnato tanti lavori di documentazione televisiva, sia su concorsi di educazione cooperativa, sia su progetti internazionali che la Federazione seguiva. In quello stesso periodo ho cominciato a lavorare per la Provincia, con l’allora capo ufficio stampa Alberto Faustini, che ha valorizzato il mio impegno, affidandomi importanti servizi di documentazione video, uno fra tutti nel 2001 la trasferta in Argentina e in Cile per visitare i circoli trentini. Poi c’è stato il Cooperquiz, in collaborazione con l’ufficio stampa della Federazione e tante altre riprese.

Nel 2007 mi sono accostato al mondo della formazione e ho cominciato ad insegnare a fare video agli studenti dell’Istituto Artigianelli. Questo ambiente così attento alla persona, all’apprendimento dei ragazzi non solo in termini di competenze ma anche educativi generali mi è piaciuto tantissimo.

Nel 2010 al direttore della scuola, Erik Gadotti, viene un’idea: creare una cooperativa sociale all’interno della scuola, per valorizzare l’inserimento lavorativo di persone in difficoltà e permettere agli studenti di effettuare tirocini formativi ed educativi dentro una realtà sociale. Accetto con entusiasmo la nuova sfida e con altri 5 soci fondatori firmo davanti al notaio. Così nasce Relè, un progetto che mi ha subito coinvolto profondamente. Inizialmente la cooperativa si occupa di pulizie e della gestione di mense scolastiche. Entro in Consiglio di amministrazione e, al secondo mandato, divento vicepresidente. Nel 2015 passa la proposta di affiancare ai due settori storici un’area dedicata alla grafica e ai video.

Avevo una bella famiglia, un’azienda avviata, un dipendente fisso e alcuni occasionali. Ero nel direttivo dell’Associazione Artigiani nella categoria fotografi e video-operatori e membro attivo nell’associazionismo famigliare. Tutto proseguiva per il meglio.

Ma il progetto e le finalità della cooperativa Relè mi hanno coinvolto al punto tale di farla diventare il mio lavoro. Nel 2016, dopo 22 anni di attività, ho così messo da parte la mia partita Iva e da socio volontario sono diventato socio lavoratore, con il coordinamento di questo nuovo settore. E poco dopo sono stato eletto presidente.

E anche qui la sfida è duplice e non riguarda solo il cambiamento della mia vita. La cooperativa, infatti, attraversa un momento di difficoltà, perché è cresciuta velocemente i primi anni e adesso necessita di una nuova organizzazione più attenta alle persone, in particolare quelle svantaggiate.

Il nostro impegno oggi è quello di costruire una squadra che riesca a lavorare producendo qualità in armonia. Così ho proposto di aprire il Consiglio ai soci lavoratori che desideravano impegnarsi nel governo della cooperativa mettendo il proprio tempo a disposizione con gratuità. Poi con il consiglio di amministrazione siamo entrati anche negli aspetti più concreti, creando aree e responsabilità distinte, provando a proporre un metodo di lavoro nuovo e rilanciando il ruolo della “donna” come risorsa fondamentale per far crescere la cooperativa.

A volte mi dicono che sono una persona determinata, forse è vero. Ma nel portare a termine gli obiettivi cerco di valorizzare il buono che ogni persona ha dentro, stimolando l’indole alla collaborazione. Pensare che dentro la nostra cooperativa sociale una persona possa trovare il luogo e il contesto per potersi rimettere in gioco, mi fa rivivere un po’ me stesso e mi da la convinzione che ognuno merita un’opportunità.

Se la usi bene, la cooperazione è uno strumento formidabile per far crescere tutte le persone. E per questo mi sento a mio agio nei contesti cooperativi. A volte sento ripetere che i valori di don Guetti, oggi, sono difficilmente applicabili. E allora mi viene in mente quando il fondatore del movimento cooperativo trentino, quasi 130 anni fa, diceva che la cooperazione non deve parlare dell’io ma del noi… Cosa c’è di più attuale di questo, in una società individualista come la nostra?

Nella mia vita ho ricevuto la fiducia e l’affetto di tantissime persone. E ho sentito quale effetto ha avuto questo calore sulla mia crescita professionale e umana. Per questo cerco di usare sempre questi parametri quando mi relaziono con gli altri. Do fiducia ma anche responsabilità, sono aperto al confronto ma ho cura che si arrivi alla decisione. Le sfide non mi spaventano e con tutti i soci immaginiamo già una nuova sede per Relè, dove tutti i settori di attività della cooperativa possano convivere sotto lo stesso tetto. Lo so, mi piacciono le prove difficili. E spero di riuscire a trasferire questa voglia di farcela anche ai miei figli. Quando Lorenzo, 17 anni, ha deciso di trasferirsi a Padova per affiancare allo studio la sua carriera sportiva ho capito che qualcosa transita, che le esperienze si tramandano, che la fiducia nella vita vince. Ora spero di riuscire a portare queste convinzioni anche in cooperativa.

Autore: Redazione