La ricercatrice con l’anima cooperativa
La mia storia comincia 42 anni fa a Monterotondo Marittimo, in un piccolo borgo medioevale toscano arrampicato su una collina, tra geyser e soffioni boraciferi. Da lì ho frequentato il liceo scientifico e poi l’Università di scienze della comunicazione a Siena. Ho fatto l’Erasmus a Madrid e sono tornata per laurearmi con la professoressa Barbara Poggio. È stata proprio lei ad informarmi che a Trento era possibile fare domanda di dottorato e così, nel 2003, vinto il concorso, con entusiasmo e tanta voglia di fare, ho fatto le valigie e mi sono trasferita a 400 chilometri da casa mia.
Il settore della ricerca mi ha subito appassionata, consentendomi di approfondire tematiche che hanno rinforzato la mia architettura formativa, dagli snodi dell’economia trentina alla complessa relazione tra donne e lavoro. In quest’ultimo ambito, ho ottenuto anche una borsa di studio dal Comune di Trento per approfondire le caratteristiche del lavoro femminile in tutte le fasi, dall’inserimento all’avanzamento di carriera. Quelli sono stati per me anni di grande fermento culturale, con l’inserimento nel tessuto sociale ed intellettuale della città, attraverso la conoscenza di persone che mi hanno poi accompagnata e fatta crescere nella direzione che maggiormente mi appassionava: la ricerca. E penso al professor Moreno Bighelli, all’allora presidente dell’Istituto regionale per la ricerca sociale (oggi Fondazione De Marchi), Italo Monfredini, e a tanti altri.
Nel marzo del 2011 ho cominciato a lavorare come ricercatrice per la Fondazione De Marchi. Sono anni intensi, anche sotto il profilo personale: pochi mesi dopo dono la vita a Amelia, la mia prima bimba, ed ho subito prova diretta dell’importanza dell’attenzione che le aziende riescono a riservare alle donne quando diventano madri. In Fondazione, infatti, vengo confermata a tempo indeterminato proprio mentre sono in maternità ed ho esperienza del fatto che la genitorialità può non essere un ostacolo alla crescita professionale, ma un evento della vita che libera competenze ed energie nuove utili anche nelle imprese.
Oltre al lavoro in Fondazione, ho continuato ad insegnare all’Università e a fare consulenze soprattutto nell’ambito della certificazione ‘Family audit’. Ed è proprio durante una di queste consulenze che conosco la cooperativa La Coccinella, partendo dalla sua fondatrice e presidente Giuseppina Foffano. Nel 2013 la cooperativa è alla ricerca di una nuova componente del consiglio di amministrazione, e così a maggio vengo eletta per portare la mia esperienza di ricercatrice esperta di percorsi femminili. La cooperativa, infatti, conta oltre 240 educatrici donne, e la sfida di immaginare per loro un futuro di continuità e di investimento professionale mi entusiasma.
Quest’esperienza mi consente ogni giorno di operare in un settore, quello dei servizi all’infanzia, in continuo cambiamento, così come la struttura della famiglia e i suoi bisogni. Di più: dove i bambini stessi cambiano, perché sono diventati una generazione non stereotipata, altamente competente e molto esigente in quanto a stimoli creativi e sociali.
Poco dopo il mio ingresso in Cda, la cooperativa comincia a progettare il suo ricambio generazionale: Giuseppina è prossima alla pensione ed ha la lungimiranza di creare attorno a sé una squadra preparata per il ‘dopo’, che metta in sicurezza quanto creato fino a quel momento.
Di nuovo affronto uno snodo professionale importante con il pancione, in attesa di Adele, ed ho la sensazione che lavoro e famiglia si completino in una sorta di complementarietà, dandomi energie diverse e al tempo stesso attingendo da diverse mie energie.
La mia prima figlia mi ha insegnato a ricalibrare le priorità e a gestire il tempo in modo più efficiente. Ho imparato a chiamare sull’attenti tutte le mie forze quando il tempo è poco e ad essere molto concreta. Non avere una rete parentale vicina mi ha spinto ad organizzare la mia famiglia sulla base del principio della corresponsabilità condivisa: la febbre improvvisa, l’organizzazione dell’estate, uno sciopero scolastico non sono un mio problema. Sono un nostro problema. Il mio compagno Dario è coinvolto ed attivo in tutte le dinamiche e le faccende di famiglia.
Pur seguendo più attività con un ruolo di responsabilità (o forse proprio grazie a questo), ho comunque l’opportunità di organizzare la mia agenda con libertà e di operare in settori dove il così detto ‘codice maschile’ è superato. E penso agli orari delle riunioni, ai congedi, allo smart work. In Coccinella uno dei pochi uomini in posizione apicale ha preso il congedo di paternità, a testimonianza di come lo sviluppo culturale di questa impresa sia paritetico ed esteso. Il nostro obiettivo è quello di consentire alle persone che lavorano di raggiungere quell’equilibrio organizzativo personale che le rende serene, senza ansia da gestione del tempo. E di questo beneficiano soprattutto i bambini che ci vengono affidati.
L’anno in cui è nata Adele sono diventata anche vicepresidente di Consolida, con responsabilità aggiuntive, nuovi contesti da conoscere e nuove energie da trovare. È stato un anno faticoso, fatto di tanto lavoro notturno e di incastri giornalieri per riuscire a fare tutto. Ma anche la mia seconda figlia mi ha insegnato qualcosa: a organizzare la giornata in momenti in cui è possibile rispondere al telefono o alle mail e momenti in cui non lo è. Semplice e chiaro.
L’impegno in consorzio è stato quello di operare in un luogo che esprime una pluralità di visioni e deve saperle tenere insieme. Un consorzio che mette a disposizione strumenti (servizi, consulenza, attività, progetti) per far crescere le socie e il sistema nella sua complessità. La mia natura di ricercatrice torna in campo, perché mi impegno costantemente a capire quali studi, ricerche e analisi possano dare alle associate la possibilità di leggere e comprendere i mutamenti sociali ed economici del nostro tempo per aggiornare le competenze interne e valutare gli ambiti su cui misurarsi.
Anche qui la collaborazione stretta tra donne nelle posizioni apicali (la presidente Serenella Cipriani) non è comune. Proveniamo da generazioni diverse, abbiamo stili e livelli di potere diversi. Ma riusciamo a lavorare bene insieme, riconoscendoci l’un l’altra le nostre differenze e rispettandole, per costruire una visione comune condivisa.
Così continua la mia storia, con la presidenza della cooperativa a maggio del 2016, un passaggio facilitato da una struttura interna pronta ad affrontare questo mutamento, consapevole della necessità di fare un investimento importante nella sua dimensione di impresa.
Oggi faccio un lavoro che mi diverte. Questo alleggerisce anche della fatica e del peso della responsabilità. La cooperativa è cresciuta internamente, investendo su alcune figure: abbiamo individuato una responsabile per l’area pedagogico educativa, ridato significato ai ruoli e lavorato molto sull’architettura organizzativa complessiva. Abbiamo cercato di costruire una maggiore circolarità della conoscenza e dell’informazione, non solo attraverso processi organizzativi ma anche con nuovi strumenti. Abbiamo ridisegnato il tavolo predisposto alle gare della cooperativa, che nel solo mio primo anno di presidenza ha presentato 7 progetti.
Sono nata professionalmente come ricercatrice sociale e la lente della documentazione, dell’analisi e dell’approfondimento ai fini del miglioramento la porto con me ovunque agisca. La mia esperienza testimonia che conciliare lavoro e famiglia è possibile ed educherò a questo le mie bambine, raccontando con il mio esempio che non è necessario rinunciare ad una parte di noi perché siamo donne. Per trovare un equilibrio bisogna vivere anche momenti di squilibrio, che sono funzionali, perché spingono verso il miglioramento. E riconoscere la nostra imperfezione. Ma non smettere di crederci e di lavorare per questo.