Casse Rurali Trentine, l’utile fa tornare il patrimonio a livelli precrisi. Un valore della comunità
Cresce la fiducia nel sistema del credito cooperativo trentino: sempre più persone (131mila) sono socie delle 11 banche di territorio, che offrono una rete capillare di 282 sportelli, gestiti da 2 mila dipendenti. Nel 2023 cresce la raccolta (+5,6%), trainata dal risparmio amministrato, e calano leggermente i prestiti (-2,8%), per effetto del rialzo dei tassi di interesse, pur con il 95% delle domande di credito accolte.
In uno scenario macroeconomico generale caratterizzato da incertezza geopolitica e prospettive di crescita economica debole per il 2024, le Casse Rurali Trentine si apprestano a chiudere i bilanci del 2023 con un risultato lusinghiero, che ne certifica ulteriormente la solidità patrimoniale, a garanzia della capacità di continuare a svolgere appieno il ruolo di principale interlocutore finanziario delle famiglie e delle imprese del territorio.
Le 12 Casse Rurali trentine (11 dal 1° gennaio di quest’anno per effetto della fusione tra Trento e Novella Alta Anaunia, da cui è nata la Banca per il Trentino Alto Adige) hanno ulteriormente incrementato anche il numero dei soci e delle socie, oggi complessivamente pari a 131.323, serviti da una rete di 282 sportelli, tuttora eccezionalmente capillare rispetto al numero complessivo degli abitanti. Circa 2.000 i collaboratori e le collaboratrici impegnate, cui si aggiungono i circa 500 dipendenti della capogruppo Cassa Centrale e delle società strumentali.
«Quello che registriamo oggi è un risultato assolutamente positivo dal punto di vista dei numeri, ma sarebbe riduttivo fermarsi a questo tipo di analisi. Il credito cooperativo ha un impatto sociale sulle comunità trentine che va ben oltre in termini di presenza capillare sul territorio, anche nelle località più decentrate, di vicinanza alle famiglie e alle piccole e micro imprese. Il sostegno al volontariato, alla scuola, alla cultura e alle attività sportive e ricreative sono elementi che fanno parte del nostro DNA, del nostro modo di operare, e lo saranno anche in futuro», ha affermato il presidente della Cooperazione trentina Roberto Simoni.
«Nell’insieme questo sistema oggi più che mai dimostra la propria capacità di fornire risposte a famiglie e imprese, e di costruire progettualità. Finanziamo le aziende per dare loro continuità, e sosteniamo le realtà del territorio per contribuire a farlo crescere. Una fiducia manifestata dai clienti e dai soci anche attraverso l'aumento della raccolta. Il nostro sistema è solido e ben strutturato, rafforzato dalla presenza della capogruppo Cassa Centrale e dal Fondo Comune rappresentato da tutte le Casse Rurali trentine», ha commentato il vicepresidente della Federazione e presidente di Fondo Comune delle Casse Rurali Silvio Mucchi.
«Le Casse Rurali trentine – ha affermato il referente della Federazione per il credito Vincenzo Visetti presentando i dati - sono presenti in modo capillare su tutto il territorio e sono quindi un termometro molto sensibile e preciso dell'andamento dell'economia della nostra provincia. Complessivamente il 2023 è andato meglio delle aspettative. Il quadro macroeconomico è certamente complicato, ci sono incertezze che derivano soprattutto da fattori esterni al nostro contesto provinciale.
L’aumento significativo della raccolta bancaria dimostra che comunque l'economia locale è ancora in grado di generare valore, che certo in questo momento viene prudentemente posizionato in gran parte sui conti correnti e soprattutto sul risparmio amministrato, in attesa di tempi migliori per quanto riguarda l'andamento dei tassi di interesse. Mentre registriamo una riduzione degli investimenti da parte delle imprese e una riduzione anche degli acquisti di prime case da parte delle famiglie, possiamo affermare che c'è fieno in cascina, in misura tale da consentire di guardare al futuro con una certa serenità e anche con una doverosa dose di ottimismo»
Prestiti e risparmio
Questo straordinario insieme di persone consente al credito cooperativo trentino di intermediare complessivamente 31,9 miliardi di euro (+900 milioni rispetto al 2022), 22,6 dei quali di raccolta (+5,6%), e 9,3 di prestiti (-2,8%).
La crescita della raccolta complessiva dimostra la persistente capacità del sistema economico locale di generare valore, nonostante l’impegnativa congiuntura. Al calo contenuto della raccolta diretta (-1,1%), si contrappone infatti l’aumento del 18,4% dell’indiretta, gran parte della quale (+60,3%, pari a +1 miliardo) si indirizza al risparmio amministrato, mentre il gestito aumenta in misura più contenuta, ma sempre apprezzabile (+5,5%). Questo dato può essere visto come una strategia “difensiva” a fronte dell’incertezza, del rischio inflazione, e della scarsa propensione agli investimenti. Ma specularmente, esso dimostra che le famiglie e le imprese sono tuttora in grado di accantonare risorse per il futuro, sia pure in un contesto che purtroppo evidenzia – anche sul nostro territorio – un divario crescente nella distribuzione del reddito e della ricchezza.
Gli effetti negativi dell’aumento dei tassi di interesse – imposto dalla politica monetaria delle banche centrali – trovano invece riscontro nella riduzione dell’ammontare complessivo dei crediti netti alla clientela, che nel 2023 sono diminuiti di 270 milioni. Calano maggiormente i prestiti alle imprese (-4,1%), meno alle famiglie (-1,7%).
La maggior parte delle domande di finanziamento continua ad essere accolta (in media, il 95%), ma le richieste di nuovi mutui per l’acquisto della prima casa sono diminuite, rispetto a due anni fa, sia per numero (-317), sia per importo complessivo (- 72 milioni), sia per importo medio della singola erogazione, che è passato da 155 a 143 mila euro. Segnale della crescente difficoltà delle famiglie ad affrontare la sfida dell’acquisto dell’abitazione.
Se si considera poi la suddivisione dei crediti lordi per tipologia di attività economica, si nota che il calo della domanda è maggiore nell’agricoltura, nell’edilizia, nell’immobiliare e nei settori caratterizzati da imprese di piccole e piccolissime dimensioni (commercio, alberghi e pubblici esercizi), mentre si registra una sostanziale tenuta nel manifatturiero. Tendenze che – per quanto legate a fattori congiunturali – esigono anche qualche riflessione di prospettiva sulla necessità di sostenere lo sviluppo equilibrato di tutti i settori economici, riducendo l’eccessiva concentrazione delle risorse sui soli settori dell’agricoltura e del turismo, tra l’altro purtroppo significativamente esposti ai rischi climatici.
Redditività e solidità
Nel complesso i dati confermano la tendenza all’ulteriore miglioramento della qualità dei crediti, con il totale dei finanziamenti deteriorati lordi che cala dal 5,9% al 5,1%, ma con un tasso di copertura superiore al 95%, e con le sofferenze lorde all’1,1% (ormai quasi completamente svalutate: 98,5%).
Il consistente recupero di qualità degli attivi consente alle Casse Rurali di migliorare di 95 milioni il rapporto tra rettifiche e riprese di valore nette per rischio di credito. Tale dato, insieme all’elevato margine di interesse generato dall’andamento dei tassi di riferimento, e di conseguenza di quelli di mercato (520 milioni, +26%), contribuisce a generare un utile netto complessivo di 210 milioni (+74%), nonostante il risultato negativo dell’attività finanziaria (-105 milioni), dovuto alla necessità di sostituire i titoli in portafoglio con quelli di più recente emissione, che garantiscono migliori rendimenti prospettici.
L’utile rappresenta il miglior risultato di sempre per il credito cooperativo trentino e viene interamente riversato, al netto di quanto dovuto per legge al fondo mutualistico della cooperazione e degli interventi sociali effettuati (che negli ultimi 5 anni hanno restituito alla comunità oltre 10 milioni/anno), nelle riserve indivisibili delle banche cooperative, rafforzando i parametri patrimoniali che consentono l’erogazione del credito.
Il rafforzamento patrimoniale consente finalmente alle Casse Rurali di tornare ai livelli di patrimonializzazione di 10 anni fa, prima delle pesanti rettifiche imposte dagli effetti crisi finanziaria prima e da quella del debito sovrano poi. I mezzi propri risalgono a 1,788 miliardi, con un coefficiente di solidità (Total capital ratio) al 26%, che si conferma ai vertici del sistema bancario italiano.