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Autismo, una condizione non una patologia

All’incontro sul tema organizzato per i volontari della coop sociale Villa Maria hanno partecipato più di 80 persone – Le diagnosi dello spettro autistico sono in aumento esponenziale – L’approccio sta cambiando sia dal punto di vista culturale e sociale che clinico.

E' stato molto partecipato l'incontro di formazione rivolto ai volontari di Villa Maria organizzato dal Servizio Macramé della cooperativa sul tema dell'autismo.

Relatore della serata, presso il Palazzo dell'Istruzione di corso Bettini a Rovereto, è stato lo psicologo e musicoterapeuta Stefano Cainelli, collaboratore del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento, che ha sottolineato l’aumento esponenziale che si registra nelle diagnosi dello spettro autistico.

Fondamentalmente - ha chiarito il relatore - l’autismo è il problema di un cervello che si connette diversamente. Gli studi in materia indicano che il cervello di una persona autistica e le sue strutture si sviluppano già in fase gestazionale in maniera differente rispetto alla norma.

Da qualche tempo l’autismo è oggetto di un cambiamento culturale e sociale oltrechè clinico. Una volta si parlava di sindrome, ora di spettro. Non esiste infatti un solo autismo. Stanno prendendo piede termini come 'neurodiversità' e 'neurodivergenza' che sono più inclusivi: guardano e trattano l'autismo non come una patologia che comporta interventi terapeutici o riabilitativi, ma come una condizione che porta le persone a rapportarsi con il contesto sociale con una modalità particolare.

A lungo si è pensato che l’autismo riguardasse solo i maschi. Le migliori abilità sociali, la maggiore capacità di adattamento e di imitazione aiutano la bambina prima e la donna poi ad adottare comportamenti socialmente accettabili e strategie per mascherare le sue difficoltà. La diagnosi arriva con l’età adulta.

Già nel primo anno di vita - ha spiegato lo psicologo - si manifestano degli indicatori precoci dell’autismo: alterazioni nel pianto, simile ad un lamento e senza modulazione, e nella motricità, con il raggiungimento in ritardo di tappe come stare in piedi, camminare, stare seduto.

Fin da bambini le persone con autismo riescono ad entrare più facilmente in contatto con gli altri e a socializzare se riscontrano attenzione per i loro interessi, che sono solitamente specifici e ristretti. Nelle relazioni presentano difficoltà di comprensione dei gesti e dei segnali non verbali. Gli scherzi, l’ironia, le metafore sono per loro espressioni misteriose. Hanno bisogno di ambienti stabili, di essere informati in anticipo sui programmi che li riguardano, non amano i cambiamenti e preferiscono la routine.

Prima di aprire il dialogo con i volontari di Villa Maria, il professor Cainelli ha proposto in conclusione del suo intervento una nuova ottica, definita ‘bio-psico-sociale’, con cui guardare all’autismo e più in generale alla disabilità. Il focus non va più posto sul deficit e sulla menomazione fisica o psichica e l’attenzione va spostata sui bisogni e sull’ambiente in cui le persone sono inserite. Perché gli interventi risultino efficaci, scuola, famiglia e volontariato devono fare rete.

Autore: Cooperativa Villa Maria
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